Firenze: ora del Campari 32° puntata
...per piazzarsi al tavolo ci vuole quanto a piazzare una trebbia a fermo. Chi vuole l'ombra, chi il sole, chi mezzo sole e mezza ombra.
Il cameriere ci scruta da lontano con un ghigno infastidito, certi sguardi, ad altre altitudini avrebbero causato il ferito grave.
Veniamo attorniati dalle mosche, forse una lavatina male non ci faceva.
Faccio cenno all'inserviente che siamo pronti per ordinare.
Ammazziamo l'attesa con futili chiacchiere, e racconti di episodi che ci hanno visti protagonisti durante la gara. L'interesse delle nostre mogli e di Silvia è inversamente proporzionale alla nostra enfasi nel raccontare. L'unico che pare davvero interessato è Jari che ci tempesta di domande. E' curioso di sapere il nostro piazzamento, io temporeggio, non trovo le parole per dire a mio figlio che so' arrivato terz'ultimo. Chiarisco che arrivare primi al traguardo è meno importante del percorso che si è fatto per arrivare o degli incontri fatti durante il tragitto... Oh bravo, con quattro parole sei riuscito a concludere la carriera di eroe di tuo figlio. E' una cosa che normalmete avviene verso i 15 anni... ce l'hai fatta con sette anni di anticipo.
Massi mi viene in soccorso, e dice a Jari: Vincere non è arrivare primi, ma migliorare se stessi (dal vangelo secondo Aldo Rock). Jari mi guarda ancora più confuso. Chiudo il discorso dicendogli che questa gliela spiegherò quando sarà più grande.
Arriva in nostro soccorso Cappellino (il cameriere, ribatezzato cosi per il bizzarro copricapo che indossa), posa sul tavolo il vassoio e Jari, finalmente, si distrae cercando la sua limonata.
Guardo fra gli steli dei calici se nel vassoio c'è una parvenza di buffet...
il direttore
sf
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