martedì 29 aprile 2014

SPORT ESTREMI 15° PUNTATA

...insiste per accompagnarmi alla macchina. No bello non mi freghi, declino l'invito con un tocco di saggezza popolare Cinigianese: è tutta discesa e in discesa vanno anche le zucche!
Scuote la testa e dice: non afere capito! Ripeto e lui di nuovo: non afere capito! Non importa, ho capito io (come disse il poro Cassi *)
Sono in vena di frasi celebri. Gli porgo la mano per congedarmi e mi pento istantaneamente del gesto distensivo. Ha una stretta eccessiva che non riesco a contenere,  potrebbe di nuovo sequestrarmi ma con disinvoltura riesco a divincolarmi. Ma vaffanculo troglodita. Lo penso ma non lo dico, sia mai che capisce e mi corca di mazzate. 
Passeggio leggero, il sole scalda il mio viso e i miei pensieri, penso a che storia fantastica potrò raccontare ai bambini in "vegliatura" o durante la scalata per stimolarli a non mollare: "ho passeggiato con la morte in balia di un pazzo forse addirittura cannibale...". I fratelli Grimm dei dilettanti al confronto... rimarranno a bocca aperta!
Sento l'orco intimare a Ottmar di tornare in alpeggio con le mucche, risalire in macchina e partire a gran velocità.
Il cane esegue senza se e senza ma. Finalmente solo!
Cerco una piccola vendetta, provo a chiamare il cane schioccando la lingua nel palato. E' un rumore insolito per lui, alza le orecchie e si ferma. Insisto sempre più forte, vedo che sarebbe tentato di seguirmi, ma nella sua testa non c'è margine per il dubbio, se eseguire o meno l'ordine categorico che ha ricevuto. Se ne va correndo.
E'  finito l'incubo, provo una sensazione di benessere. Mi sento al sicuro come da bambino dopo aver rubato le ciliegie, quando riuscivamo a seminare il contadino zoppo che reclamava il maltolto. Stranamente vengo colto da una leopardiana nostalgia, sarà la sindrome di Stoccolma? Boh.
Scendo verso il parcheggio dove stanno arrivando delle macchine. Saranno altri scalatori? Hanno targhe italiane. Che palle.
Mi avvicino  si girano verso di me con sguardi cordiali, come solo chi è in vacanza può avere. Provo a fingere di essere svizzero non ho voglia di socializzare e dico: gruezi mittenand (salve a tutti).
Se si escludono i baffetti ho ben poco di svizzero.
Non sono scalatori, sono due famiglie con un bambino piccolo a coppia, le madri fanno la gara su quale sia il più precoce a fare progressi. Dovrei farmi i cazzi miei ma l'occasione è troppo ghiotta per non ridimensionare l'ego delle vanitose milf. Mi avvicino e dico: il figlio di un mio amico a sette mesi parlava fluentemente con i rutti tanto che lo ribattezzammo Waiominghe junior (quello del film Ovosodo). La più attraente gira la testa di scatto con fare stizzito, non si aspettava di trovare sulle montagne uno che gli facesse abbassare la cresta. La sua amica con occhialini da nerd mi guarda e con un largo sorriso mi dà il suo consenso. In quello sguardo scopro la gioia e il ringraziamento per aver vendicato tutta la sua frustrazione.
Cala un silenzio spettrale interrotto dal marito della vanitosa che con accento toscano mi fa: o te unneri tedesco? No, era solo per fare scena. Rispondo.
Gli uomini, con manovre da contorsionisti, indossano gli zaini dove troveranno alloggio gli eredi durante la passeggiata. La nerd per rinforzare la nostra alleanza, mi chiede che cosa mi sia capitato indicando i miei vestiti rotti e sporchi di erba. Potrei raccontarle "di una vita che ho vissuto e che non ho capito", ma a vedere le facce sanno 'na sega di Vasco. Le rispondo vagamente: è una storia lunga e non voglio annoiarvi! La vedo delusa e dico per scusarmi: magari se ci incontriamo di nuovo ti racconto, i mie amici mi aspettano per scalare la Chruez e sono in ritardissimo, avranno già chiamato i soccorsi credendomi disperso.
Sul tetto della macchina c'è la borsa delle provviste che gli sherpa,  hanno messo al riparo da eventuali assalti di animali. C'è un biglietto scritto in geroglifico che presumo siano delle scuse. Prendo la busta con i viveri e mi incammino mesto con andatura claudicante verso la baita.  Ancora sette chilometri e potrò riabbracciare i miei cari...

* il Cassi: uomo di origini versiliesi trasferitosi a Cinigiano molti anni fa, ma nonostante la lunga lontananza non aveva minimamente perso il suo spiccato accento lucchese. Noto  in paese per il suo umorismo viene spesso ricordato in tanti "e come disse".  I più censurabili. La frase in questione la disse ad una signora che gli chiedeva spiegazioni su un lavoro, lui tre volte cercò di essere chiaro ma l'accento lucchese e la sordità dell'anziana signora non aiutavano, alla terza volta che la signora disse: non ho capito...lui chiuse: non importa ho capito io!!!

                                                                      il direttore        
                                                                        sf o sdm